Intervento di Padre Guido Sommavilla:
Tolkien Cattolico o Manicheo?

(trascrizione non rivista dall'autore)
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Tolkien, io sono abituato a pronunciarlo come è scritto, è un cognome che deriva dal tedesco, erano tedeschi gli antenati di Tolkien, emigrati in Gran Bretagna all'inizio del '700, il loro vero nome era Tollkühn (Kühn, audace, Toll, folle). Lasciamo stare questa questio de verbis e veniamo al dilemma: manicheo o cattolico? Bhè, la risposta è ovvia: cattolico. Anzi, cattolico tutto d'un pezzo, questo è evidente nella sua vita, dalle lettere, dalla biografia, messa e comunione quotidiana prima di andare a scuola, ecc. Ma importante è vedere se questo suo cattolicesimo, visibile, praticante, è penetrato nella sua opera, l'ha orientata, l'ha ispirata essenzialmente. Anche per questo la risposta è sì, senz'altro.
Però, so per sentito dire, perché‚ non ho fatto indagini, che è stato anche assunto come manicheo e che certe destre se ne sono servite, ne hanno fatta una bandiera e via dicendo. Ho anche letto che la critica di sinistra, quando uscì il Signore degli Anelli, lo ha definito reazionario, servo delle destre; reazionario nel senso di contro corrente, certamente lo è stato, soprattutto in questo senso. Mentre la corrente, cioè la spinta della cultura egemone, diciamo, laico-marxista, spingeva a risolvere ogni mito ed ogni fiaba nella realtà realistica, positivista, materiale, Tolkien ha camminato nel senso diametralmente contrario, cioè a riempire il mito e la fiaba di realtà ed in questo senso è veramente reazionario, nel senso di contro corrente.
Questa verità, di cui il mito e la fiaba sono l'espressione, e in qualche modo la precomprensione, la profezia, è la realtà del Vangelo. Come già stato detto, per Tolkien, la fiaba in profondità è una specie di avvento, di anticipo di quella realtà che fu il Vangelo, cioè Dio che è diventato Gesù Cristo. La fiaba che diventa storia, questo è il Vangelo.
Ora, però, questa accusa o sospetto di manicheismo non è da sottovalutare, perché ci sono degli aspetti, dalle posizioni, in Tolkien, che possono far sospettare a qualcuno che ci sia un manicheismo, per lo meno un residuo di manicheismo, duro a scomparire in lui. Come già detto, le destre estreme hanno approfittato di questi sospetti di posizioni manichee in Tolkien. Non si capisce pure perché‚ ogni destra estrema, ma anche estrema sinistra, tutte le estreme, hanno bisogno di afflussi ispirativi manichei. Perché le estreme sono posizioni che si pongono, come tali, in assoluto, sono persone che scambiano l'estremo con l'assoluto, ed essendo assoluto, ogni estremo, ogni posizione estrema, deve anche essere semplice, ossia queste persone credono di essere loro soli semplicemente i buoni, i veri, i puri, i puliti, invece gli altri semplicemente perché‚ altri, diversi da loro, sono loro i cattivi, i falsi, gli sporchi, magari in questa demonizzazione si sceglie un oggetto particolare, una razza, una categoria: gli ebrei, i negri, i meridionali, magari...i gesuiti. E' successo nel '700 e quasi per tutto l'800, una volta anche i cristiani. Ecco, categorie che sono state, si dice, demonizzate, sono state considerate totalmente false, perverse, sporche dai "puri", dai "buoni" e il manicheismo ha avuto nella storia modificazioni, come dire, metabolizzazioni diverse, quello di S.Agostino, gli Albigesi, si chiamavano Catari, "noi siamo i catari" (Katharos = puro), anche i Patari qui in Lombardia, più o meno per la stessa cosa: noi siamo i puri, perciò chi non è esattamente come noi è sporco.
Questo è manicheismo e questa distinzione, come dire, contrapposizione tra bene e male, buoni e cattivi, questi chiaroscuri assoluti, vengono e sono stati, oggi forse meno, dilatati a livello di natura, ad. es. cibi, animali puri ed impuri. Furono addirittura proiettati a livello di divinità, i manichei classici, antichi, al tempo di Agostino, concepivano due "Dio", uno buono, uno cattivo, come sappiamo tutti, uno luminoso, paradisiaco, e l'altro tenebroso, infernale, demoniaco; un dio divino, l'altro demoniaco, in continua lotta con vittorie alternative, ora dell'uno, ora dell'altro, ma mai definitiva: questo è tipico del manicheismo. Le due divinità si combattono, vince ora l'una, ora l'altra, ma la vittoria non è mai definitiva. E come al livello di divinità, così anche al livello di creazioni di questa divinità, di derivazioni, anche la realtà del mondo e dell'uomo in quanto derivante in parte dal dio buono, in parte dal dio cattivo, era concepita come contrapposta radicalmente.
Essi contrapponevano nell'uomo l'anima come realtà buona che viene dal dio buono, e il corpo, il senso e ciò che le passioni, la violenza ecc. deriva dal dio cattivo. Le virtù, l'amore, la sapienza, derivano dal dio buono. Così anche nella natura, la vita e la morte dipendono, a seconda, dall'una o dall'altra delle due divinità; così le tenebre, la luce, il giorno e la notte, le disgrazie e le fortune, le primavere e i terremoti.
Questa è stata molte volte una spiegazione del bene e del male che c'è nel mondo e in noi, e spesso è stato anche per l'uomo una buona scusante di scarico per il male che ciascuno di noi commette. E' chiarissimo, ad. es., nelle confessioni di S.Agostino perché è stato per dieci anni manicheo fermamente aderente, anche se via via sempre meno. Qual era la ragione che lo tratteneva di più? Perché così i peccati che faceva non erano i suoi, erano deterministicamente prodotti in lui dal dio cattivo.
Ora ci sono, almeno apparentemente, in Tolkien aspetti che possono far sospettare in lui almeno dei residui di manicheismo, soprattutto nel primo Tolkien: Racconti incompiuti, i Racconti perduti e ritrovati, anche un po' nel Silmarillion, molto meno.... in lui. Un suo amico e ammiratore, W.H.Auden, in una lettera, mi pare del '65, gli domanda "Mi scusi, caro amico, i tuoi orchi e i tuoi orchetti, tutta questa specie di fanteria infernale, di basso profilo, di cui Sauron si serve, non ti sembra che siano un po' eretici, cioè concepiti ereticamente?" Gli fa questa domanda in una lettera, poi vedremo la risposta. La stessa cosa degli orchetti si può dire di Morgoth, di Sauron, dei cavalieri neri, degli Urûk, ecc. e di tutti questi personaggi infernali che sembrano negativi, cioè cattivi essenzialmente, ontologicamente, che il loro essere è male. Questo è manicheismo.
S.Agostino riuscì a superare il suo manicheismo quando scoprì il famoso principio agostiniano che il male radicalmente non è essere. Il male non est ens, sed non ens, più precisamente privatio entis, il male è privazione, cioè deficienza, cioè mancanza di essere, non essere; dove il male diventa essere, o degli esseri, magari buoni, che a un certo punto si pervertono, tralignano e diventano ontologicamente, cioè nel loro essere sostanziale, cattivi.
Davvero questo è manicheismo in Tolkien? E' una domanda questa che si può, anzi si deve fare per avere le idee chiare. E poi soprattutto c'è in lui questo continuo stato di guerra che si direbbe irriducibile. Una guerra che sembra combattuta da una parte dei buoni, totalmente buoni, (questo non è del tutto vero, comunque), contro i totalmente cattivi dall'altra parte. E' una guerra che ha delle vittorie provvisorie, ora degli uni, ora degli altri, ma che sembra inesauribile, che non arrivi mai a una vittoria definitiva. E anche questo sembra, se non si chiariscono bene le cose, manicheismo.
E' proprio il male che è riuscito, sembra a volte, in Tolkien, a pervertire degli esseri da buoni a cattivi. Questo succede spesso nella sua epica, e 'invece molto più raramente succede l'inverso, che gli esseri cattivi riescano a tornare buoni. I casi sono molto rari, nella mia memoria, magari un po' sbrecciata, perché a una certa età la memoria vacilla, ne ricordo uno: Boromir. E' uno della Compagnia dell'Anello che tradisce, ma che poi alla fine si pente, si redime, è un giuda che si converte, un buono fattosi cattivo e di nuovo buono. C'è anche qualche nano qua e là, c'è poi, ma non ne ricordo. Di cattivi che tornino buoni è difficilissimo trovarne nell'opera di Tolkien, molto più spesso il contrario, la perversione, più che la conversione.
Allora, come vederci un po' chiaro, come salvare questo cattolico innegabile dall'accusa e dal sospetto di manicheismo? Vediamo la risposta che Tolkien dà all'amico Auden il quale gli dice: "Ma questi tuoi orchetti non sono eretici, cioè concepiti ereticamente? " E il contesto è: concepiti manicheisticamente? Ecco lui risponde: Libro V, pag. 190 dell'edizione inglese del Signore degli Anelli:

"Frodo afferma che gli orchi in origine non erano malvagi, noi (cattolici) crediamo questo di tutte le razze, specie e stirpi umane, benché‚ alcune, sia come individui che come gruppi appaiano, per lo più a noi, impossibili a redimere."

Però anche altrove nel Signore degli Anelli si trova asserito, in linea di principio, che nulla, essendo malvagio fin dal principio, nulla essendo cattivo nella sua assoluta origine, cioè in Dio, neppure Sauron (che è il peggiore!)lo era al principio. Dicendo ciò, Tolkien chiarissimamente, nettamente, si stacca dal manicheismo.
Il manicheismo è la religione del male e del bene, cioè dei maligni che in origine sono malvagi, ma siccome nessuno e in origine malvagio, in questo è il principio, un principio nettamente anti manicheo. Allora, questa idea che tutti gli esseri procedono dal Dio buono, dall'unico Dio buono, non ci sono due divinità assolute, una buona e una cattiva, ecco questo è cattolicesimo, è Bibbia, è Cristianesimo e non manicheismo. Basterebbe soltanto leggere la prima parte del Silmarillion dove Tolkien descrive a modo suo, con i suoi termini elfici, inventati da lui, la creazione, Iluvatar, in elfico il creatore, crea i Valar, crea i Maiar, gli angeli, gli arcangeli, poi i primogeniti, gli elfi, i secondogeniti, gli uomini, e via via tutto il resto. Anzi, molte cose, specialmente le specie animali e vegetali le fa concepire ed eseguire anche a dei demiurghi. Questa è un specie di integrazione platonica ricavata dal Timeo di Platone, dentro la concezione biblica. Tutto ciò che viene da Dio, in quanto da Dio, è buono. Poi c'è, del tutto chiaramente biblica, evangelica, apocalittica, e non manichea, quindi, la narrazione della caduta, della ribellione angelica. Ogni male o maligno deriva originariamente dalla ribellione angelica. Gli angeli si sono da sé sono fatti cattivi nella loro ribellione. E qui siamo in piena ortodossia biblica, cristiana, e ovviamente cattolica.
Questa tendenza, propensione verso un certo pessimismo cupo, duro a riscattarsi, in Tolkien, specialmente nel primo Tolkien, è realmente qualcosa che ha fatto sospettare che basti poco per fare di Tolkien un manicheo. Io penso che questo suo pessimismo abbia origine nelle terribili, raccapriccianti esperienze che Tolkien ha avuto da soldato davanti ai macelli sulla Somme nel 1916, a cui egli ha assistito e anche in parte partecipato. Si è preso la febbre di trincea, ci ha messo due anni per curarsi in ospedale e in questi due anni ha iniziato la stesura del Silmarillion, a pezzi, ipotesi, tentativi, per spiegarsi
Come mai l'umanità, il mondo, ha potuto arrivare a simili estremi, a questi macelli, a questi odi di centinaia di migliaia di uomini che si sono ammazzati nel '16 e poi nel '17 sempre più o meno sulla Somme, presso Gaden, ancora di più. Come mai si è potuto arrivare a tanto male, a tanto estremo odio. Questo era stato, ho l'impressione, il suo problema, e lì attraverso il Silmarillion, ricorrendo alle origini delle origini di ogni male, che è la ribellione angelica, a cercato di rendersi spiegabile, intelligibile tutto quel male.
Ora però questo pessimismo iniziale di Tolkien, si va piano piano sciogliendo soprattutto lungo il Silmarillion a un certo punto, quando lui arriva a concepire, e anche a rappresentare, dei descensus, o degli Avatara, degli esseri superiori che discendono verso gli esseri inferiori. C'è l'esempio di Melian, che era una Maia, cioè un "angela", un essere angelico che discende e accetta di sposare Re Thingol, un elfo, soltanto un elfo. Poi c'è un altro Avatar, sempre nel Silmarillion, alla fine, è l'ultimo racconto, il più lungo e l'unico o uno dei pochissimi che concludono, e concludono in positivo, in una specie di riuscita, di happy end, di vittoria, per lo meno provvisoria, è la storia di Beren e Luthien. Luthien la fanciulla elfica, figlia di Re Thingol e Melian, che accetta di sposare Beren che è soltanto un uomo, discende quindi ancora più in basso, un uomo eroico ed infelice, e insieme essi compiono la famosa impresa di strappare uno del tre Silmarils, cioè ua delle tre gemme della luce imperitura, cioè della vita immortale, dalla corona di Morgoth, cioè di Satana. E con questi descensus del sovrumano, dell'angelico verso ciò che è inferiore, attraverso queste configurazioni, queste precomprensioni profetiche, aspirazioni della fiaba, Tolkien si preparava alla sua grande idea centrale che la fiaba in questo modo diventa storia nel Vangelo, dove addirittura Dio diventa uomo.
C'è un altro descensus da sottolineare, quello di Gandalf, nello Hobbit e poi ancora di più nel Signore degli Anelli, Gandalf è uno dei più grandiosi personaggi della letteratura universale. E' un Maiar, ossia un angelo, per chiarirlo in termini biblici. Lui lo chiama lo stregone, il quale accetta di discendere anche lui, cioè di essere inviato nella Terra-di-mezzo, una specie di
Europa medievale, antica, insidiata da Sauron e dai suoi i quali fanno di tutto per riconquistare l'Anello malefico, che invece un obbligo interiore costringe a distruggere. E' la trama del Signore degli Anelli, della Compagnia dell'Anello. Qualcosa penso abbia contribuito a questo ottimismo, difficile, faticoso, una conquista dura in Tolkien, ed è l'invenzione degli Hobbit e di questi uomini cavallereschi, che lui chiamava Nùmenoreani, di Nùmenor, che per lui sarebbero i pre-adamitici, cioè uomini rimasti ancora intatti dalla caduta e contaminazione originaria, i cavalieri di Bard nello Hobbit e i Nùmenoreani che partecipano alla spedizione della Compagnia dell'Anello, soprattutto Aragorn. Penso che questo sia in lui il ricorso al fenomeno della cavalleria medievale, cioè l'istituzione della cavalleria medievale, di questi cavalieri modellati su un modello cristiano: i cavalieri medievali che sono partiti anche loro per spedizioni di liberazione delle crociate contro i Saraceni e i Turchi, poi forse anche nell'orizzonte, (queste sono ipotesi interpretative e ovviamente ciascuno può fare la sua perché c'è una grande libertà nel lettore di immaginare da dove si è ispirato, da dove ha preso l'ispirazione, per questo o quel suo motivo, ad. es. per l'Anello, i Silmarils).
Tolkien ha scritto il Signore degli Anelli durante la seconda guerra mondiale, ha iniziato un po' prima, finito un po' dopo. Lui dice un Anello, cioè
il Signore degli Anelli che "ho scritto col sangue " quasi per dire che anche lui ha fatto la sua guerra spirituale mentre infuriava la guerra nel mondo, una guerra dove il sud-ovest positivo si contrapponeva a un Est negativo, demoniaco. Nazisti, comunisti, tutte le interpretazioni, applicazioni sono aperte al lettore. La cosa che più mi resta ancora oscura, e che non abbiamo tempo di affrontare, ma che potrebbe essere oggetto di discussione tra di noi dopo, oppure fra teologi, perché le opere di Tolklen sono oggetto di indagine e di problematiche della teologia. Questa forma di perversione, di tralignamento di buoni che diventano cattivi, che la cattiveria, la negatività, il male, si insinua a pervertire la loro essenza, il loro stesso essere. E' possibile questo? C'è il proverbio che dice: "i nostri atti ci seguono", gli atti che commettiamo, buoni o cattivi, interiori o esteriori, non li perdiamo per strada, ci seguono, in quanto che ce li portiamo addosso e perché hanno inciso su di noi, inciso sulla nostra essenza. Quanto più atti negativi, malvage intenzioni, perverse, vengono prodotte con insistenza, è facile e possibile che la stessa persona nel suo essere si perverta, diventi essa stessa, nell'essere, ontologicamente cattiva. E' possibile questo? Una domanda che lancio e lascio in sospeso.

 

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